LE SOCIETA’ TRA AVVOCATI: UNA NUOVA CHANCE PER I PROFESSIONISTI O PER GLI IMPRENDITORI?

Prime riflessioni sulla L. 124/2017

Dal 29 agosto scorso è in vigore la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza“, meglio nota col numero 124/2017, la quale all’art. 1, comma 141 lett. b) introduce un novità “siderale” nella professione: permette, infatti, di includere nelle società legali soggetti che non esercitino la professione forense introducendo l’art. 4 bis nella legge 247/2012, che permette agli avvocati di esercitare la professione tramite una loro società nella quale alcuni soci saranno estranei all’avvocatura.

La norma pare quindi costruita “a favore degli avvocati”, ritenendo che rendere partecipi soggetti non avvocati al nostro mestiere sia una chance.

Da qui la nostra analisi verte sul capire quali siano gli avvocati che vorranno fare società con estranei e chi possano essere costoro.

Per capire quale sarà lo scenario che ci attende, l’analisi deve partire dal nostro interno: avere un industriale come nostro socio, quando sino ad oggi è stato solo un nostro “cliente”, non è uno stimolo immediato, tanto più in una categoria ove il fenomeno associativo è marginale

Questa prima difficoltà emerge analizzando la “qualità organizzativa” dei nostri studi la cui segmentazione individua 5 grandi categorie di studi:

1.- gli studi INTERNAZIONALI ovvero quelle aggregazioni di matrice UK/USA avvezze alle tecniche di marketing, alla comunicazione, ove i giovani legali operano con forte pressione sui risultati personali e la struttura è organizzata con precisi percorsi di carriera legati alla capacità di produrre profitti legati alle proprie performance.

2.- i BIG NAZIONALI studi italiani che hanno una o più sedi all’estero e sistemi di remunerazione “misti”, sviluppati attorno a dei professionisti di successo ed organizzati in forma imprenditoriale

3.- le BOUTIQUE: studi fortemente focalizzati su un’unica, o comunque su poche aree di specializzazione, spesso con un’unica sede ma con visibilità a livello nazionale. Il loro vantaggio competitivo è rappresentato dal rapporto diretto cliente/socio oltre che da una elevata personalizzazione del servizio, tendenzialmente con scarsa presenza di giovani e dimensioni prevalentemente ridotte.

4.- i LOCALI: avvocati questi con un forte radicamento territoriale, quasi sempre “multi-practice”, caratterizzati da una cura del cliente molto attenta: potremmo definirli come “quelli che fanno la colazione al bar della piazza centrale”!

5.- i LIBERI (PROFESSIONISTI) ovvero quegli avvocati che lavorano spesso da soli, o con la “vecchia” segretaria, per i quali è sempre più complesso sopravvivere; spesso sono neo-mamme o fuoriusciti da una esperienza formativa poco attenta che diventano poi il riferimento per le domiciliazioni

In questo scenario, chi saprà davvero cogliere l’opportunità offerta dal nuovo art. 4 bis nella legge 247/2012

a.- gli “avvocati – imprenditori” cercheranno soci

E’ difficile che la chance offerta dalla L. 124/2017 possa essere colta dai liberi professionisti e dagli avvocati locali: è arduo anche pensare che qualche “extraneus” aspiri ad associarsi in micro imprese, descritte nella recente ricerca “Osservatorio professionisti e innovazione digitale” della School of Management del Politecnico di Milano del 2017, come quel “61% che realizza un fatturato inferiore a 100 mila euro, con un portafoglio di circa 70 clienti”, opera nella forma giuridica individuale diffusa per il 73% …. ove in media lavorano tre professionisti, con due tra dipendenti e praticanti”.

Nessuno aspira a divenire socio di micro imprese, non innovative ed operanti in un mercato saturo.

L’opportunità è invece evidente per quelle “boutique” o “big nazionali” che sapranno trasformarsi in “avvocati–imprenditori”, soggetti istintivamente predestinati ad essere partner dell’impresa nel creare società miste.

Del resto costoro sono quei soggetti che già oggi – senza possedere soci imprenditori – gestiscono lo studio in forma di impresa e che ora dovranno affinare la capacità di tollerare il confronto con il “diverso”

Se infatti le nuove società dovranno essere rappresentate da avvocati – iscritti all’albo – per almeno i due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, agli “avvocati imprenditori” si chiederà non tanto di essere “specializzati” in una materia o nell’altra, quanto di essere in grado di valorizzare la presenza del socio imprenditore, che da loro si attenderà l’industrializzazione del proprio servizio.

Percorsi di facile industrializzazione degli studi sono ipotizzabili ogni qual volta esistano strutture “distributive del prodotto legale” tramite i canali delle stesse associande imprese: circostanza che potrà determinare la moltiplicazione delle possibilità di incontro con le esigenze di soggetti che oggi “cercano” un avvocato e che domani potranno “incontrarlo” in luoghi connessi ad attività d’imprese già organizzate nel territorio.

Si pensi ed imprese dedicate ad altri servizi, piuttosto che ad enti esponenziali, a sindacati od altri soggetti con rappresentanze distribuite nel territorio, che possono divenire interlocutori naturalmente coinvolgibili dall’avvocato imprenditore verso il comune obiettivo di convogliare clientela nello studio, magari grazie all’accorpamento di uno specifico prodotto legale nell’ambito di una rete distributiva esistente.

Che si tratti di banche piuttosto che assicurazioni, il matrimonio sarà un’intesa destinata a spazzare via molti tra quanti lavorano oggi in modo artigianale, forti di relazioni sociali ancorate alla sola reputazione personale piuttosto che a nicchie di competenza: senza prevedere sventure per nessuno, la possibilità che agli avvocati artigiani accada quanto oggi si verifica per le agenzie immobiliari piuttosto che per i dentisti è ipotesi tutt’altro che remota.

b.- le imprese li aiuteranno a crescere

La norma è stata scritta a nostra garanzia prevedendo un limite alla quota di partecipazione dell’imprenditore: limite teso a garantire la qualità del prodotto legale e che di fatto ci permetterà di essere noi a sceglierci i soci giusti per crescere.

L’opportunità va colta quando valorizza la qualità del nostro servizio – fattore chiave nella professione – in modo armonico con gli elementi che sono i tipici plusvalori delle organizzazione imprenditoriali.

Se infatti nel marketing industriale le 4 P (product, price, place and promotion) hanno visto sempre maggiore attenzione alle due ultime caratteristiche, per gli avvocati il loro prodotto (ovvero la loro scienza) è stato sempre il cardine del successo, che solo di recente è stato accompagnato dall’uso del prezzo come ulteriore elemento valutativo (anche se questo stimolo è troppo spesso usato spesso in modo suicida, proprio per la mancanza di esperienza imprenditoriale nella sua gestione)

Ora la presenza del socio imprenditore nelle nuove società comporterà l’avvento di nuovi modelli d’approccio alla clientela: di certo la leva del “place” – ovvero della distribuzione territoriale – diverrà un aspetto importantissimo nello sviluppo delle nuove aggregazioni.

Pensiamo, ad esempio, ad uno studio specializzato in tematiche risarcitorie assorbito in una rete di agenzie assicurative: un mix questo che sarebbe in grado di sovvertire equilibri immutabili da anni.

c.- due modelli “organizzativi”: profit oriented” e “legal oriented”

La partecipazione in forma societaria degli imprenditori – anche se in misura massima pari ad un terzo del capitale e dei diritti di voto – farà diventare gli avvocati “partner” in modi diversi.

Un primo, che definiamo di “profit oriented”, teso al fine di ottimizzazione del business aziendale dei soci, permetterà la costituzione di studi con un obiettivo meramente economico: la società servirà a far ridurre i costi legali alle aziende nelle quali oggi il conto economico presenta tale voce di spesa come molto onerosa.

Questo sarà il caso di società tra avvocati e grandi imprese, tendenzialmente nei settori bancario ed assicurativo, nelle quali il socio impresa sarà simile a quei clienti che già oggi esasperano le condizioni economiche a proprio favore.

Il secondo, che definiamo di “legal oriented”, teso invece a trasformare gli studi in vere e proprie attività “imprenditoriali”, darà luogo alla nascita di studi professionali “industriali”, indipendentemente dal fatto scelgano di posizionarsi come generalisti piuttosto che specialisti.

All’avvocato rimane la scelta del proprio destino: chi si farà attrarre dal fascino del profitto avrà un modo immediato ed efficace per finanziarsi ma rischierà poi di finire nella stessa condizione di quanti oggi operano, di fatto, “dipendenti delle banche”.

Chi invece, proprio perché “imprenditore nell’intimo” pur se avvocato nel mestiere, avrà una grande chance nel divenire impresa.

Per gli avvocati che continuano ad avere un approccio artigianale alla professione, rendendosi versatili ad ogni esigenza prospettata dal cliente, questa riforma rischia di dare il colpo di grazia: per gli altri sapere sfruttare al meglio il rafforzamento delle “reti” è un invito alla modernizzazione.

Per quanti sapranno essere “avvocati-imprenditori” la riforma è e sarà lo stimolo verso un processo di innovazione, sempre però essendo consapevoli che ogni socio limita la propria libertà che un cliente – invece – rispetta.

Libertà questa che per gli avvocati è una prerogativa a cui sarà difficile che sappiano e vogliano rinunciare.

Avv. Giorgio Azzalini